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Fra la Messa ed il Pranzo


di Membro VIP di Annunci69.it StraneEmozioni
23.12.2024    |    4.363    |    2 9.3
""Sei una troia, stai godendo, nella casa del signore, sei una grande puttana..."
“Lui mi sta aspettando a casa”, disse la donna accomodandosi in ginocchio.

“E cosa si aspetta lui, da lei, Eleonora?”

“Che io mi comporti da donnaccia "

"Cosa significa donnaccia?"

"Una donna che fa cose che le donne per bene non fanno "

"Si spieghi meglio", disse il sacerdote impaziente, forse anche curioso. Anzi, assolutamente e semplicemente curioso.

Eleonora a quel punto si vide stimolata anche dal santo uomo sul suo punto debole. Quello che aveva fra le gambe, quello che fin da bambina l'aveva portata a sciogliersi di fronte alla tentazione della carne. Anche in questo caso era bastata la domanda maliziosa del prete per sentire l'umido cominciare a permeare le grandi labbra della sua vulva carnosa.

"Io… Non so Padre se posso raccontare queste cose.”

"Tu Eleonora sei una pecorella in questa chiesa e puoi dirmi tutto, siamo al confessionale, libera la tua coscienza e racconta ciò che ti turba".

"Ma… Lei, Padre, vuole sapere i dettagli? Per farsi un'idea, per sapere se posso salvarmi, vero?"

Eleonora si agitava sull’inginocchiatoio del confessionale, sentiva un forte calore fra le gambe e cominciò a chiedersi con una parte residua della sua razionalità se fosse stato il caso, mentre si confessava, di allungare una mano e infilarsela fra le gambe e dentro le mutandine per placarsi, toccandosi velocemente. Lei lo sapeva, sarebbe venuta subito. Conosceva bene il suo corpo, sapeva bene che in quel momento tutto ciò che avrebbe voluto era un orgasmo potente. Poi sarebbe stata buona, almeno per un altro paio d'ore. Se almeno quel prete avesse smesso di fare domande tanto provocanti. Chiedeva dettagli, che roba, ed era pure un prete. Cosa si aspettava che gli gli raccontasse? Forse che quando tornava a casa ogni domenica dopo la messa e prima di pranzo la aspettava un peccato diverso? Si aspettava che gli raccontasse che era costretta ogni domenica mattina a radersi il sesso e a profumarlo, a scegliere una lingerie di un colore sempre diverso, e ad assistere alla messa con l'idea che avrebbe peccato subito dopo? Ogni domenica, tra la messa ed il pranzo, a lei toccava il suo calvario.

"Padre, non mi faccia raccontare i dettagli di ciò che debbo patire, della mia sofferenza, anche ora sto soffrendo, tanto, lo sente dalla mia voce?"

Il sacerdote con voce rotta dall'eccitazione le rispose laconico: "confessati, se hai fatto cose con il tuo corpo che ti hanno dato un piacere peccaminoso dille ora. Avrai la mia comprensione e la mia assoluzione."

"Mi promette che non mi sgriderà, che non mi punirà? Me lo prometta, se può. Se lei pensa che io meriterò il suo perdono."

Il prete tacette per qualche secondo; Eleonora sentiva il suo respiro pesante, un respiro che a lei entrava nella testa, in quella parte della sua testa dove si annidava il peccato. Un peccato incontenibile, una voglia irrefrenabile di sentire qualcosa prenderla fra le gambe: che fosse il cazzo, una lingua, le mani, un oggetto. Aveva semplicemente bisogno di sentirsi sfregare all'esterno della sua fica carnosa è riempire all'interno di essa. E quel prete la stava facendo dannare con quelle domande impertinenti. Cosa ne sapeva lui delle sue sofferenze in quel momento? Lei aveva i capezzoli turgidi ed era tutta colpa sua, di quelle domande, che la costringevano a pensare alle cose fatte e a quelle che sarebbero accadute, sebbene ancora non le immaginasse in quella domenica. Ma in quel momento, in quel preciso istante, i suoi capezzoli erano duri e premevano contro il reggiseno, la sua fica era bagnata e avrebbe già dovuto cambiare le mutandine. Cosa ne sapeva lui del suo calvario, tutto per amore di suo marito. Forse avrebbe potuto chiedergli il permesso di mettere una mano fra le gambe e placarsi almeno per un attimo. Poi le venne in mente che forse quel santo uomo aveva anche lui il cazzo duro. Scacciò il pensiero, era andata da lui per confessarsi, non per peccare ulteriormente. E poi, con un uomo di chiesa? Mai, era sicura a quel punto che avrebbe marcito e bruciato all'inferno. No, lei da quell'uomo non voleva piacere, ma l’assoluzione dai peccati.

“Sì, Eleonora, voglio i dettagli, voglio sapere per poter capire se posso salvarti."

Sì, quello era un demonio, la costringeva a ricordare. A ricordare che la domenica precedente aveva dovuto offrire la sua fica a due donne insaziabili che l’avevano legata, leccata, violata con le dita, le lingue. Ma lei non ne aveva colpa, era legata, non poteva ribellarsi. Si, certo, avrebbe potuto dire basta, dire di no. Ma che ne sapeva il prete di cosa le accadeva quando il piacere si impadroniva del suo corpo?
A questo punto Eleonora infilò la mano sotto la gonna, spostò in là le mutandine e infilò medio e indice all'interno della fica; senza far rumore tirò verso l'alto, diede tre colpi e sentì il liquido scorrere e riempirle le dita, spalmarsi sulle gambe. Si morse il labbro e grugnì, come una belva, come un animale. Dall'altra parte del confessionale il prete si accorse di quel rumore, e pensò che la povera donna stesse piangendo. Spiò dai fori del confessionale e quello che vide fu il viso della donna in estasi, che annusava le sue dita.

"Sei una troia, stai godendo, nella casa del signore, sei una grande puttana. Vieni subito nella sagrestia.”

Eleonora si ricompose, estrasse dalla borsetta il fazzoletto e si asciugò le mani. La gonna nera non avrebbe lasciato trasparire il liquido che l'aveva bagnata. La parte bagnata era indistinguibile da quella asciutta. Si era placata un poco, ma l'aspettava di certo una punizione terribile. Il prete, che lei aveva equivocato essere un peccatore, l'aveva sgridata a male parole, perché aveva capito che donnaccia fosse lei. E lei era ben decisa a ricevere una punizione esemplare.

Raggiunta la sagrestia, il prete la fece entrare e sedere su una sedia di legno. Poi chiuse la porta con due mandate. Lei si sistemò, le ginocchia chiuse, le mani sulle gambe a tenere ferma la gonna, lo sguardo basso. Le calze velate svelavano la sua natura reale, quella di donna godereccia, di finta vittima, di padrona del desiderio e di dominatrice degli uomini che credevano di manipolarla.

Il prete era rosso in faccia, e si sedette nella sedia di fronte a lei.

"Dimmi cosa è successo domenica scorsa. Dimmi cosa è successo a casa tua dopo la messa.”, disse con voce dolce, calma.

"Io non volevo. Ma lui vuole sempre di più. Io non volevo Padre, e forse è colpa mia. Forse non dovrei mettere le calze bianche, e nemmeno forse quelle di altri colori. Lui, mio marito, mi dice sempre che sono una donnaccia. Lo dice perché sono provocante, che sto sempre a specchiarmi e a guardarmi allo specchio con le calze ed i tacchi, a fare le pose. Dice che sono troppo esuberante e che lui non ce la fa da solo ad accontentarmi, che c'è bisogno di altro e che è colpa mia.”

Il prete respirava con affanno. Era assetato di altri dettagli. Fissava le ginocchia di Eleonora, composte e strette. Scese con lo sguardo verso le caviglie della donna seguendo le gambe eleganti inguainate nelle calze velatissime, fino alle scarpe nere con tacco inadeguato in chiesa. Quella donna era venuta da lui per farlo dannare. Mai come allora sentiva tutte le pulsioni di una vita ribollirgli dentro.

"Cosa significa che lui da solo non può farcela? Parla!"

"Io… Io sono entrata in casa e c'era un ragazzo. Ma io non volevo padre. Forse ho bisogno di un esorcismo perché quasi non ricordo o forse sì. Io penso di aver visto la mia anima uscire dal mio corpo che è diventato qualcosa diverso da come sono, io non sono una donnaccia. Ma il mio corpo si è staccato dalla mia anima e l'ho visto cosa ha fatto."

"Mettiti in ginocchio", ordinò il prete alla donna.

Eleonora si voltò e si inginocchiò poggiando i gomiti sulla seggiola. Il prete da dietro li alzò la gonna buttandogliela sulla schiena. Eleonora rimase così con un perizoma nero infilato fa le grandi natiche bianche il sacerdote le sferrò una sculacciata potente e le urlò: “Parla, troia!". E le sferrò un'altra sculacciata ancora più forte.

“Si Padre, mi confesso: il mio corpo ha aperto le gambe contro la mia volontà e quel ragazzo ha cominciato a … voglio dire, una cosa deliziosa per questo corpo, ma io non avrei voluto. Ha cominciato a leccare fra le gambe, e io godevo, mi bagnavo e godevo e più godevo e più aprivo le gambe. O Signore, avrei voluto infilarmi la sua testa dentro padre, talmente ero in estasi. E mio marito era li a guardarmi, poverino, lui dice che ha bisogno di aiuto per soddisfare questo corpo posseduto, Padre. Poi il ragazzo mi ha infilato due dita dentro, fino in fondo Padre, capisce?"

"Così?", Disse il sacerdote, spostando di lato il perizoma e infilando due dita nella fica succosa di Eleonora.

"Ah… Sì… Ah… Cos, si Padre. Era così e poi le faceva girare e poi spingeva in fondo”

"E poi, come ha continuato?”, chiese il sacerdote mentre con le due dita scopava la fica di Eleonora tenendola ferma con una mano sulla schiena. I capezzoli della donna, turgidi, strusciavano contro il bordo della sedia attraverso il reggiseno e la camicietta. Eleonora mise una mano all'interno del reggiseno e ne strizzò uno. Nel farlo fu scossa da un brivido di piacere, contrasse il ventre e si liberò in uno spruzzo potente che allagò il pavimento alla base delle sue ginocchia.

"E poi ha tirato fuori un cazzo davvero bello Padre, e il mio corpo lo ha preso tutto in bocca. E io avevo paura che il mio corpo morisse, perché quel cazzo, Padre, è scomparso tutto fino nella gola e la faccia, la mia faccia, era rossa e io avrei voluto gridare basta, ma non potevo, potevo solo assistere mentre il mio corpo era abusato, ero drogata dal piacere carnale, ed io mi pento.”

Il prete continuava imperterrito a stantuffare la fica di Eleonora, mentre in ginocchio con il sedere in alto la donna raccontava, i gomiti poggiati sulla sedia di legno.

"Poi lui, mio marito, mi ha detto che sono una donnaccia, e si è avvicinato, e mi ha infilato dietro, penso un dito o forse due. Anzi sì, dovevano essere proprio due dita. Le ho riconosciute, erano le sue due dita. E credo che questo sia peccato, e credo che lei non possa darmi l'assoluzione, perché una donna perbene queste cose non le fa. Ma forse lei Padre può essere comprensivo con me, perché non sono io a fare quelle cose. Io sono come in coma, sono altrove, astratta. Non sono io che lo faccio. Lei mi vede, anche ora, io sono una bravissima donna non faccio queste cose. E se al mio corpo piace il sesso sodomita, essere penetrato nel culo, io non posso controllarlo."

Il prete lasciò la fica ormai aperta dalle sue rozze dita, allargò le natiche di Eleonora e osservò quell’ano slabbrato ma ancora stretto in quel momento. Notò che era lucido di umori. Ci passò sopra un polpastrello e lo portò alla bocca: era salato e profumato. Come aveva visto tante volte in quei video osceni che non avrebbe mai dovuto guardare, si chinò attratto come da un magnete. Poggiò la lingua su quell'orifizio demoniaco e assaporò il sapore del peccato. Eleonora gemette e lui le afferrò con violenza natiche le aprì e spinse dentro la lingua. Fu trascinato da 1000 fili che lo tiravano verso l'inferno mentre la lingua era attratta verso il paradiso. Quella donnaccia allargò le gambe, si lasciò dilatare le natiche e spinse indietro con il corpo per consentirgli di entrare meglio con la lingua nel suo culo.

"E poi… Il ragazzo è entrato con il suo cazzo nella mia fica e mi diceva che erano belle le mie calze bianche, e mio marito si è messo in piedi davanti a me e ha tirato fuori il suo cazzo. E lo ha infilato nella mia bocca, Padre. E lei per questo mi deve punire. Perché io non ho saputo ribellarmi."

"Ora io per la gloria del Signore ti punirò. Tu sei una sodomita e come tale io entrerò con la mia carne nella tua per farti pentire dei tuoi gesti. E quando tornerai a casa sarai stata già punita. Voglio proprio vedere se avrai ancora voglia di fare quelle cose, uscita di qua. "

Il prete entrò con il suo cazzo quasi deforme in quel culo bianco, ma non fu molto abile: appena entrato venne, liberandosi in un orgasmo lungo., brutale, precoce. Poi si tirò via e scappò dalla sagrestia, lasciando lì Eleonora a ricomporsi.

La donna, uscita dalla chiesa, e arrivata a casa, andò subito al piano di sopra per pulirsi e prepararsi. Con la coda dell'occhio aveva visto nel salotto suo marito che intratteneva qualcuno chiacchierando. Aprì il suo comò e scelse della nuova lingerie. Si sentiva santa, aveva avuto la punizione da un uomo santo. E allora scelse il celeste, il colore del cielo. Indossò le calze, il perizoma, ma solo dopo aver praticato un lavaggio anale. I suoi capezzoli erano ancora turgidi, ma nulla l'avrebbe indotta a peccare ancora quel giorno. Ora era stata pulita.

Scese le scale e andò verso il salotto per raccogliere l'ospite. Apparve sulla soglia della stanza Eleonora si vide riflessa sulla vetrina del mobile bar: Vide l'immagine del suo corpo, non di se stessa. Un corpo elevato sui tacchi 12 bianchi, con un reggicalze anch’esso bianco a tenere delle calze celesti, un piccolo perizoma a incorniciarle il grembo e un reggiseno a balconcino che non riusciva a trattenere le sue grandi tette. Sopra, una testa sbarazzina: capelli ondulati color mogano e un rossetto sfacciato. Così il suo corpo si era ancora una volta distaccato e si era presentato in quel salotto in quel modo. Contro la sua volontà. E fu così che suo marito la punì facendola inginocchiare davanti al loro ospite senza nemmeno fare le presentazioni. Quando Eleonora si sentì soffocare per il grosso arnese nella sua gola, capì che avrebbe avuto bisogno di un prete più severo con lei, non precoce come quello che l’aveva appena sfiorata poco prima. Lei doveva essere punita severamente per aver peccato.
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